Giovedì 23 Marzo 2017 – Conviviale al Grand Hotel con il Prof. Franchino Falsetti Critico d’Arte: L’educazione artistica nel sistema scolastico italiano

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Una serata molto intensa la conviviale al Grand Hotel grazie alla relazione del critico d’arte Prof. Franchino Falsetto, serata caratterizzata da grande partecipazione dei nostri soci.
Grande coinvolgimento della platea rotariana grazie ai contenuti trattati ed alla professionalità dell’ospite e relatore che ha predisposto anche un breve estratto del proprio intervento che di seguito riportiamo.
La conferenza, contrariamente a quanto il titolo possa suggerire, non tratterà aspetti normativi o legislativi della educazione e formazione artistica in Italia, poiché sarebbe riduttivo e poco comprensibile delle varie incongruenze e continui riadattamenti che il sistema scolastico italiano, a partire dalla riforma Gentile (1923), ha espresso circa i contenuti e le finalità dell’educazione artistica e musicale in Italia.
Per capire la consistenza e la “progettualità “del “Sistema scolastico italiano”, oggi denominato “Sistema educativo di istruzione e formazione”, bisogna farsi alcune domande,’soprattutto, per meglio capire, come mai, questa nostra scuola sia, ancora, incapace, come ci ricordava e denunciava, nei suoi mirabili saggi, il grande scienziato Silvio Ceccato, a saper rispondere in modo adeguato e responsabile alle diversissime esigenze e sfide della modernità e delle sue contraddittorie implicazioni (da quelle culturali a quelle sociali).
E’ qui che bisogna porre l’attenzione e cercare di far luce sugli effetti “entropici” dell’ attualismo culturale della nostra epoca.
E pertanto è opportuno chiarire il concetto di Arte, di educazione artistica, di formazione, per poter scoprire quanto sia “ignorata” la cosiddetta premessa ai programmi, che non sia la cronologia burocratica degli articoli legislativi, delle finalità (rese standard da un linguaggio non
“declinabile”), che non entrano nel merito di saper giustificare il modello o i modelli dell’apprendimento e nello stesso tempo di saper finalizzare, in modo autonomo, gli oggetti del sapere e della conoscenza.
La nostra suola è dalla fine della seconda guerra mondiale che è oggetto di “colonizzazioni” : da quella anglo-sassone a quella francese.
I pedagogisti come il Dewey e Freinet e poi le scuole delle esperienze della “descolarizzazione”, i post-sessantottini e gli “sperimentatori” del tempo scuola e dei “sistemi formativi integrati od allargati”, le offerte del mercato “formativo”, l’alternanza scuola e lavoro, ect…, hanno inondato il nostro sistema scolastico, trasformandolo in un “super -mercato”, dove si sono sviluppate idee manageriali e gestionali, che si sono, di fatto, sostituite alle idee guida di una visione culturale più motivata e più organica , necessaria per saper meglio definire le discipline, le loro specificità, le loro interazioni, i loro ambiti ideativi e creativi.
L’Arte, prima di essere tradotta in una disciplina, è uno status, è un modo
di saper leggere la realtà, i contenuti di un determinato sapere, di una visione del mondo. L’Arte non deve essere sinonimo di mestiere, di professione, di prescrittivi tabulativi, molto simili ai test psicologici con finalità attitudinali.
L’Arte è un modo di pensare, di comunicare, di ragionare, di saper usare un particolare linguaggio espressivo, per descrivere, rappresentare, riflettere come se dovessimo scrivere i nostri appunti quotidiani.
Arte come scrittura, Arte come alfabeto che, insieme alla Musica, concorre, principalmente, ad educare e formare in modo totale la “nostra personalità”. .
Si tratta, quindi, di non continuare con gli slogan, come quello, ormai, svuotato dei suoi profondi significati: “La bellezza salverà il mondo?” poi ed il “Mondo salverà la bellezza?”. Senza ricordare che la seconda frase è : “Quale bellezza salverà il mondo”?.
Forse sarebbe più serio che seguissimo l’esortazione del grande storico dell’arte Gombrich, il quale riteneva indispensabile favorire lo sviluppo di una cultura estetica, come parte essenziale della didattica in ogni tipo di scuola.
E forse, altrettanto, importante sarebbe quello di liberarci dal prevalere della mentalità burocratica, livellatrice, enumerativa dei fatti che riguardano l’istruzione e l’educazione, che non favoriscono la cultura
progettuale del sapere ma quella dell’ eseguire, dell’essere subordinato alle richieste del mercato ed alla totalizzante “unica dimensione” dell’ abito formative imposto dall’imperante globalizzazione.