Il Dott. Luciano Chicchi, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini (www.fondcarim.it) ha esposto una relazione sul tema " La battaglia per l'autonomia delle Fondazioni Bancarie"
Testo dell'Intervento
Ringrazio molto il Presidente del Rotary per avermi voluto invitare a tenere l'intervento di questa sera.
Preparandomi, ho rivissuto mentalmente tutta la vicenda delle Fondazioni cosi' come si e' dipanata in questi anni e mi e' parso di trovarvi nuovo e diverso interesse, ed e' proprio questo che vorrei cercare di comunicare a tutti voi.
Nel 1990 la legge Amato ha scorporato l'attivita' bancaria dalle vecchie Casse di Risparmio dando vita alle Fondazioni da un lato e alle societa' bancarie dall'altro, con obbligo per le Fondazioni di detenere il controllo delle banche conferitarie.
Nel luglio 1992 e' stata formalmente costituita la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.
Dal 1992 al 2002 e' passato un decennio nel quale si sono susseguiti ben tre processi di riforma del settore.
Il primo e' avvenuto tra il 1994 e il 1995, con due interventi:
la legge 474 e la Direttiva Dini – volti dapprima a prevedere la possibilita' per le Fondazioni di scendere al di sotto del 51% nel capitale delle banche conferitarie, poi a porre ulteriori sollecitazioni su questa strada cosi' da renderla meno facoltativa.
Il secondo e' stato rappresentato dalla normativa Ciampi/Pinza, ossia la legge 461/98 e il decreto 153/99, tesa a delineare una disciplina civilistica e fiscale complessiva delle Fondazioni bancarie in cui, tra l'altro, si stabiliva da una parte la natura giuridica privata degli enti conferenti, dall'altro l'obbligo di dismettere entro il 15 giugno 2003 le partecipazioni di controllo nelle societa' conferitarie.
Il terzo, infine, costituito dall'emendamento Tremonti alla Finanziaria 2002 e dagli atti successivi, finalizzato ad accelerare il processo di dismissione e ad accentuare i vincoli all'autonomia delle Fondazioni.
In mezzo, una lunga serie di provvedimenti amministrativi e legislativi, non sempre omogenei e coerenti tra loro, su materie quali le incompatibilita' , le modalita' di redazione dei bilanci, le dismissioni.
Poi, dal dicembre 2002 ad oggi, sono accaduti alcuni fatti che pur non costituendo di per se' un processo di riforma, hanno contribuito ad invertire sensibilmente la tendenza fino a quel momento in essere.
Voglio citare brevemente questi principali passaggi.
– Ordinanza 4 dicembre 2002 con cui il TAR del Lazio, accogliendo il ricorso avanzato dalle Fondazioni, concede la sospensiva sugli artt. 7 e 9 del Regolamento di attuazione dell'emendamento Tremonti e sottopone alla Corte Costituzionale la questione di illegittimita' costituzionale per talune disposizioni sia dello stesso emendamento Tremonti che del Decreto 153/99. E' il primo passo verso l'esigenza di chiarire definitivamente la natura giuridica delle Fondazioni e, pertanto, i loro spazi di reale autonomia.
Articolo 80 della legge Finanziaria 2003 che, tra le varie cose, prevede anche la proroga di 3 anni dei termini per la dismissione delle partecipazioni di controllo nelle banche conferitarie da parte delle Fondazioni con patrimonio non superiore a 200 milioni di euro. Cio' significa, per le piccole Fondazioni come quella di Rimini, lo spostamento in avanti, al 15 giugno 2006, del termine per la dismissione.
Legge 1 agosto 2003, n. 212 che elimina l'obbligo di dismettere per le Fondazioni con patrimonio non superiore a 200 milioni di euro; e consente di detenere immobili non strumentali entro la soglia del 10% del patrimonio. In attesa che la Corte Costituzionale, investita dal Tar del Lazio, emetta le sue sentenze, questa norma, di appena sei mesi fa, rappresenta un elemento di fondamentale importanza riconoscendo che le piccole Fondazioni che gia' potevano usufruire della proroga triennale sono esentate dall'obbligo di dismettere la partecipazione di controllo nelle banche conferitarie.
Sentenze 29 settembre n.300 e n.301 della Corte Costituzionale sui ricorsi delle Fondazioni e delle Regioni rinviati dal Tar del Lazio; in esse si conferma la natura giuridica privata delle Fondazioni bancarie e la loro piena autonomia statutaria e gestionale, nonche' il ruolo di solo controllo di legittimita' (e non di indirizzo) da parte della Vigilanza. Queste sentenze rappresentano, in un certo senso, una pietra miliare che dovrebbe consentire un processo di normalizzazione del settore sulla base del pieno riconoscimento della sfera privatistica (e delle sue conseguenze) che caratterizza le Fondazioni bancarie.
Questo e' dunque, per sommi capi, il quadro della storia legislativa delle Fondazioni bancarie nell'ultimo decennio e della situazione nella quale ci troviamo in questo momento. Un quadro nel quale siamo passati
– dal prevalere di una concezione pubblicistica
– al riconoscimento soltanto formale della natura giuridica privata delle Fondazioni,
– fino ad una situazione in cui a tale natura puo' essere finalmente ricondotta anche una effettiva autonomia statutaria e gestionale.
Ora la parola dovra' tornare al Tar del Lazio dal quale la Corte Costituzionale era stata investita. E' auspicabile che la materia possa trovare rapidamente una definizione e che in prospettiva si possa andare verso il superamento magari nell'ambito della riforma del Libro primo del Codice Civile di quella qualifica di diritto speciale alla quale le Fondazioni bancarie sono state finora assoggettate, per approdare alla disciplina delle fondazioni di diritto comune.
Rispetto al quadro delineato credo vadano fatte alcune sottolineature.
Abbiamo vissuto in questi anni in presa diretta una situazione quantomeno anomala: il susseguirsi dei diversi processi di riforma ha comportato un continuo cambiamento delle regole del gioco ed e' agevolmente comprensibile come cio' abbia reso estremamente problematico operare per il conseguimento dei nostri scopi sociali. Potete immaginare quanto sia stato arduo tentare di configurare programmi di attivita' e realizzare progetti in una simile situazione di precarieta'
Alle difficolta' legate all'incertezza normativa, si e' poi aggiunta l'esigenza di affrontare e condurre numerose e complesse battaglie, sul piano politico e legale, per cercare di affermare le ragioni delle Fondazioni bancarie. Ragioni relative a temi come
– la natura giuridica,
– l'autonomia,
– la distinzione tra Fondazioni a base associativa e a base istituzionale,
– la legittimita del ruolo di azioniste di riferimento delle societa' bancarie,
– la pregnanza della veste delle Fondazioni come importanti soggetti sociali e non appena casseforti degli enti locali.
Di queste molteplici battaglie siamo stati, consentitemi di dirlo con orgoglio, tra i principali protagonisti, da un lato partecipando attivamente alle sedi deputate, fra cui in primo luogo l'Acri e l'Associazione Regionale, dall'altro prendendo noi stessi l'iniziativa con una serie di attivita' relazionali di sensibilizzazione nel mondo delle Fondazioni, nel mondo politico, nel mondo culturale, nel mondo istituzionale.
Ricordo le decine e decine di incontri fatti, i dossier spediti, gli approfondimenti giuridici, le riunioni convocate anche a Rimini con altre Fondazioni, in particolare di Romagna e Marche, i tentativi di coinvolgere il mondo delle associazioni e del non profit, i numerosi ricorsi firmati, i contatti e le telefonate febbrili, l'attesa di volta in volta per le sentenze.
Alla fine, una grande quantita' di energie spese per rivendicare il rispetto di una verita' storicamente e culturalmente ovvia, come il carattere libero e privato delle nostre Fondazioni, che tuttavia veniva sempre ostinatamente negata.
Se oggi si e' giunti ai positivi risultati che citavo prima e che tutti ci auguriamo possano trovare stabilità e conferma anche in futuro, credo che gran parte del merito vada ascritto alla capacità di mobilitazione delle Fondazioni e, in tale ambito, anche al nostro sia pur modesto ma tenace contributo. E devo dare atto all'Assemblea dei Soci e al Consiglio Generale, di cui vedo questa sera molti esponenti, di aver sempre fortemente ed unanimemente condiviso, sostenuto, confortato l'impegno del Consiglio di Amministrazione e della Presidenza in questa direzione.
Le battaglie combattute hanno permesso di conseguire, tra gli altri, soprattutto due fondamentali esiti:
a) da un lato, il superamento dell'obbligo di dismettere per le piccole Fondazioni;
b) dall'altro, il riconoscimento delle Fondazioni come soggetti dell'organizzazione delle libertà sociali, secondo la definizione utilizzata dalla Corte Costituzionale nella sua recente sentenza.
Mi preme soffermarmi brevemente su entrambi i punti.
La legge 1 agosto 2003, n. 212, escludendo le piccole Fondazioni dall'obbligo di dismettere le partecipazioni di controllo delle banche, ha reso possibile l'interruzione di quel processo di radicale separazione tra Fondazioni e banche che tutta la legislazione degli anni novanta si era data come principale obiettivo. Un obiettivo legato in buona misura alla volontàdi favorire un riassetto del sistema creditizio e la creazione di grandi gruppi bancari.
Quel processo di separazione, per la maggior parte delle Fondazioni bancarie italiane, nei fatti si e' gia' compiuto. Tutte le grandi Fondazioni e buona parte di quelle medie hanno provveduto da tempo a dismettere il controllo delle rispettive banche, per le quali sono andate costituendosi aggregazioni di piu' ampia dimensione. Rimaneva un gruppo di una ventina di piccole Fondazioni ancora in posizione di controllo sulle conferitarie. La legge dell'agosto 2003 ha in definitiva riconosciuto che, giunto a compimento l'obiettivo del riassetto del sistema bancario, era giusto distinguere tra esigenze e interessi delle grandi e delle piccole Fondazioni, prendendo atto del ruolo positivo e determinante che queste ultime, assieme alle loro banche, svolgono a favore dello sviluppo economico dei rispettivi territori di riferimento.
Questo, del resto, e' cio' che in questi anni abbiamo sempre cercato di affermare con forza in ogni sede.
Siamo sempre stati fermamente convinti della necessita' di mantenere stretto il legame tra Fondazione e banca per almeno un triplice ordine di motivi:
– primo, per tutelare il patrimonio della Fondazione, nella consapevolezza che la redditivita' offerta da una banca ha caratteristiche di volume, di stabilita' e di sicurezza che altre forme di investimento difficilmente possono offrire, e questo oggi e' di particolare evidenza;
– secondo, per salvaguardare il radicamento territoriale della banca e favorirne uno sviluppo armonico e progressivo, che un azionista stabile e senza esigenze di breve periodo come la Fondazione puo' probabilmente assicurare meglio di altri;
– terzo, per configurare una sinergia da un lato con lo strumento bancario, dall'altro con l'investimento sociale di interesse strategico per la crescita del territorio sotto il profilo culturale, sociale ed economico.
Tre ragioni che mi sembrano di importanza decisiva e che proprio nel momento in cui pensavamo non potessero piu' trovare ascolto sono state invece recepite con la legge dello scorso agosto.
Non posso dimenticare che fino a poco piu' di un anno fa eravamo alle prese con la impellente necessità di trovare una soluzione al problema della dismissione. Dopo aver a lungo valutato l'ipotesi di un'aggregazione in ambito romagnolo, che poi alcune disposizioni di legge hanno reso non praticabile, ci siamo trovati nella necessita'di approfondire altre strade per dismettere cercando nel contempo di mantenere un ruolo di riferimento nella banca.
Il 2002 e' stato tutto vissuto all'insegna di questa problematica, attraverso frenetici incontri tra Rimini, Milano e Roma con advisor e consulenti legali, nel tentativo di trovare una soluzione adeguata per noi e per la banca.
Ora, la possibilitàdi conservare il controllo di Carim Spa apre una pagina nuova e consente di confermare le linee strategiche che ci sono sempre state a cuore e che, come dicevo prima, sono:
– salvaguardia del patrimonio della Fondazione,
– difesa del radicamento territoriale della banca per favorirne lo sviluppo e per contribuire insieme ad accrescere l'economia locale.
Certamente la scelta di non cedere il controllo della banca non ha obbedito ad una logica meramente finanziaria: se lo avessimo fatto, probabilmente oggi avremmo, come Fondazione, un patrimonio liquido piu' ampio.
La nostra scelta ha consapevolmente privilegiato un obiettivo piu' complesso che si potrebbe definire di attenzione al bene comune, attraverso la difesa del localismo della banca e il conseguente importante contributo al perseguimento di politiche di sviluppo per il territorio.
Crediamo in tal modo di aver assunto una posizione coerente con la natura, il ruolo e la missione che ci caratterizzano.
Per inciso, va anche ricordato che, nelle more di questo percorso ed avendo alle spalle un azionista di controllo come la Fondazione, Carim Spa ha potuto procedere un anno fa all'acquisizione di 27 sportelli nel centro Italia incrementando di un terzo la propria dimensione ed aprendosi a nuove opportunitàdi mercato; e questo mi sembra un esempio significativo della positivita' e delle potenzialita' di sviluppo che il legame tra Fondazione e banca puo' assicurare.
D'altro canto, l'obiettivo di conservare il controllo della banca si e' rivelato lungimirante anche sotto il profilo finanziario; l'andamento dei mercati negli ultimi anni e le prospettive almeno di breve termine consentono di constatare che lo strumento bancario presenta una redditivita' ed una capacita' di effettiva tutela del nostro patrimonio sicuramente competitive.
Parimenti interessante e' l'altro esito scaturito dall'impegno e dalle battaglie di questi anni relativamente alla natura e al ruolo delle Fondazioni bancarie.
Le sentenze della Corte Costituzionale del settembre scorso hanno contribuito a sciogliere alcuni nodi importanti su cui da molto tempo si attendeva chiarezza.
In particolare, la Corte
– ha ribadito la natura giuridica privata delle Fondazioni,
– ha considerato illegittima la prevalenza degli enti pubblici territoriali negli organi di indirizzo,
– ha stabilito che l'autorita' di vigilanza puo' esercitare poteri di controllo ma non di indirizzo, e non puo' modificare con proprio regolamento l'elenco dei settori d'intervento,
In sostanza, il pronunciamento della Corte
– colloca con chiarezza le Fondazioni bancarie nella sfera privatistica, con piena autonomia statutaria e gestionale,
– riafferma il ruolo centrale e sussidiario della societa' civile e delle sue articolazioni, considerando le Fondazioni bancarie sulla scorta dell'art. 118 della Costituzione – come soggetti dell'organizzazione delle liberta' sociali, ristabilendo criteri di corretto rapporto tra le Fondazioni come corpi intermedi aventi finalita' di interesse generale e lo Stato.
Credo che questo riconoscimento, oltre a corrispondere finalmente a quanto da sempre andiamo affermando, abbia una valenza generale di grande significato. Vuol dire infatti delineare un quadro in cui tutti gli attori della vita sociale hanno pari dignita' : le persone, le loro espressioni organizzate, i corpi intermedi, le articolazioni dello Stato.
Il richiamo fatto dalla Corte agli articoli 2 e 118 della Costituzione, cioe' alla tutela delle formazioni sociali e alla sussidiarieta' , esplicita bene come la vita civile non possa considerarsi esaurita nella sola dialettica cittadino – Stato, oppure mercato – Stato, ma trovi linfa vitale in un'articolazione basata sull'apporto di tutti i protagonisti di una comunita' territoriale cosi' come di un Paese.
In altri termini, non puo' esservi adeguato profilo di democrazia sostanziale se si nega la liberta' di espressione e di costruzione di quella ampia parte intermedia che sta tra cittadini e amministrazione pubblica.
D'altro canto, se questo dato di fondo non fosse vero, non si capirebbe l'evoluzione storica del nostro Paese, che ha trovato in una democrazia basata sull'apporto dei mondi vitali il proprio assetto piu' maturo. L'articolazione di corpi intermedi che da sempre anima la societa' italiana e' stata la risorsa piu' importante per la spinta imprenditoriale, per la crescita sociale ed economica, per la stessa salvaguardia dei livelli di democrazia anche in periodi difficili della nostra storia. Il riconoscimento delle formazioni sociali operato dalla Costituzione rappresenta, sotto questo profilo, un caposaldo fondamentale: indica infatti la consapevolezza del ruolo sostanziale delle aggregazioni sociali e della necessita' che vengano tutelate in maniera particolare; ma segnala anche, implicitamente, il valore del metodo della sussidiarieta' orizzontale, la quale non e' decentramento di funzioni dallo Stato ai suoi enti periferici, ma riconoscimento e tutela degli spazi della societa' civile, laddove presente con le proprie capacita' di libera organizzazione.
Si comprende allora come la questione delle Fondazioni bancarie non sia stato e non sia un problema di difesa di una piccola corporazione o degli interessi di una ristretta cerchia di gruppi di potere, come purtroppo e' stata spesso dipinta nei commenti e sulla stampa. La battaglia che in questi anni abbiamo condotto per la liberta' e l'autonomia delle Fondazioni bancarie e' stata ed e' una battaglia per la liberta' e l'autonomia della societa' civile e delle sue aggregazioni, una battaglia per la difesa di un'autentica democrazia. Questa e' la ragione profonda delle posizioni che abbiamo assunto, una ragione che non sempre come sistema delle Fondazioni -siamo riusciti a comunicare efficacemente, e che ha dovuto scontrarsi pesantemente con impostazioni che hanno guardato alle Fondazioni come ad enti subalterni e di servizio alla sfera pubblica e all'organizzazione dello Stato.
Unendo il contenuto delle sentenze della Corte con le previsioni di legge che prima ho richiamato emerge un quadro senza dubbio piu' chiaro e rispettoso della liberta' e dell'autonomia della Fondazioni e piu' favorevole alla possibilita' di un ulteriore, positivo sviluppo del loro ruolo.
Per la verita', e mi avvio a fare un'ultima sottolineatura – la nostra Fondazione, anche nei momenti piu' difficili e incerti, non ha mai smesso di lavorare per realizzare la propria missione; anzi, ha dovuto raddoppiare le forze per essere in grado da un lato di seguire tutte le vicende legislative, legali e politiche e combattere tutte le relative battaglie, dall'altro per sviluppare una presenza incisiva ed efficace nel territorio di riferimento. Tanto e' vero che mentre lottavamo a Roma per veder riconoscere le nostre giuste prerogative, abbiamo portato avanti un livello di progettualita' nell'area riminese che ritengo abbia contribuito in modo positivo a processi di crescita culturale e sociale.
Come si e' caratterizzato questo livello di progettualita' ?
Direi, in sintesi, che la Fondazione ha finora seguito quattro principali
direttrici di impegno e di lavoro:
1. l'investimento nel sapere, oggi sempre piu' determinante, emblematicamente riassunto nell'impegno rilevante e significativo per la nascita, il consolidamento e il potenziamento della sede riminese dell'Universita' di Bologna;
2. l'investimento nel recupero dell'identita' locale, attraverso la riscoperta delle radici storiche e culturali della comunita' riminese, da riproporre e valorizzare nei loro aspetti di attualita' e di stimolo per la consapevolezza civile della societa' locale; i grandi restauri del Tempio Malatestiano e di Castel Sismondo, il recupero di siti archeologici e di edifici storici, tra cui mi piace ricordare Villa Mussolini a Riccione, Casa Panzini a Bellaria, il Monte di Pieta' a Santarcangelo, le acquisizioni di opere d'arte, le mostre, le pubblicazioni, hanno inteso contribuire a questa precisa finalita';
3. la funzione di supporto, in conformita' con un'impostazione sussidiaria, al lavoro delle diverse espressioni della comunita' locale, che rappresenta una risorsa importante e spesso primaria per l'efficace affronto dei molteplici bisogni manifestati dal territorio e, in generale, per una crescita articolata della societa' civile;
4. l'intervento nel campo dell'assistenza alle categorie sociali deboli, attraverso una progettualita' diretta come nel caso dei programmi avviati a favore della popolazione anziana oppure attraverso il sostegno al mondo associazionistico e del volontariato, particolarmente presente e attivo nell'area riminese; e va ricordato, in tale contesto, che la Fondazione e' un po' l'incubatore di un progetto di grande significato come la Banca etica, di cui e' prossimo l'avvio e della quale sia noi che Carim Spa acquisiremo una quota di rilievo.
Il perseguimento di queste linee strategiche ha permesso alla Fondazione di dare efficacia alla propria attivita' , e di superare una logica di tipo puramente assistenziale, o di mera risposta ad impulsi esterni, per affermare invece un criterio di promozione sociale e di reale supporto allo sviluppo locale. E credo si possa affermare che la comunita' provinciale ne abbia tratto significativo beneficio.
Il mutato clima nei confronti delle Fondazioni bancarie ci mette ora nelle condizioni di proseguire il nostro impegno con maggiori certezze.
E non nascondo che abbiamo idee anche ambiziose per qualificare il nostro intervento nei prossimi anni e mettere in moto percorsi importanti per l'area riminese.
Ho detto prima del progetto di Banca etica di cui siamo parte e che dovrebbe vedere la luce nel corso di quest'anno, ma posso segnalare anche l'impegno a favore della popolazione anziana, per la quale stiamo dando vita da un lato ad un progetto di assistenza domiciliare che partira' in queste settimane, volto ad aiutare le famiglie che vogliono tenere in casa parenti anziani non autosufficienti; dall'altro alla realizzazione di una struttura residenziale per anziani non autosufficienti.
E' inoltre nostro desiderio elaborare e proporre un grande progetto per Rimini, imperniato su tre importanti interventi di ampio respiro:
– la realizzazione di un auditorium per la musica, possibilmente ristrutturando l'attuale salone del palacongressi di via della Fiera;
– la ricostruzione del Teatro Galli nell'alveo del sedime originario;
– la riapertura di parte del fossato esterno e della corte a mare di Castel Sismondo.
Abbiamo iniziato a parlarne con l'Amministrazione Comunale, stiamo da entrambe le parti approfondendo la situazione, proseguiremo il confronto per verificare la fattibilita' procedurale, tecnica e finanziaria di questo pacchetto di proposte che se dovesse trovare realizzazione, come noi auspichiamo vivamente consentirebbe di attrezzare compiutamente Rimini sul piano della dotazione di strutture per le diverse attivita' musicali e culturali e, nel contempo, di dare nuovo volto e notevole valorizzazione alla parte di centro storico compresa tra piazza Cavour e la vecchia circonvallazione.
Non ci nascondiamo le notevoli difficolta' che una simile operazione comporta e il grande sforzo finanziario che essa implica, ma siamo fortemente convinti che essa potrebbe contribuire in modo determinante a significativi cambiamenti nel volto e nell'immagine della citta'.
Vogliamo percio' verificare fino in fondo la possibilita' di realizzare questo progetto, avendo chiaro ovviamente che noi possiamo fare soltanto una parte e che molto dipendera' dal ruolo che vorra' e potra' giocare l'Amministrazione Comunale.
In conclusione, le ultime evoluzioni normative ci restituiscono uno scenario nel quale la Fondazione Cassa di Risparmio proseguire con rinnovato entusiasmo e meno vincoli il proprio cammino, da un lato mantenendo il controllo di Carim Spa e salvaguardando quindi la riminesita' del suo assetto proprietario, dall'altro operando con nuovi, importanti progetti per la crescita culturale, sociale ed economica della provincia di Rimini.