Enzo Pruccoli ha presentato ai soci del Club il libro di Arnaldo Pedrazzi "La Rimini che non c'e'piu"
ARNALDO PEDRAZZI, laureato in medicina e specializzato in odontoiatria, pratica la sua attività professionale a Rimini, dove vive e dove e' nato. L'amore per l'arte, in tutte le sue forme, lo ha portato a dedicare parte del suo tempo libero ai viaggi e alla fotografia. Si interessa di numismatica, ceramica, pittura e grafica. In questi ultimi anni si e appassionato alla storia e alla memoria della sua Città , temi che lo hanno portato a collaborare con Ariminum e altri giornali locali.
La Prefazione di Manlio Masini
Sono del parere che in questa ingarbugliata Era digitale, dove chi non "spatacca" sul computer o non naviga su Internet e' guardato a vista e, quel che e' peggio, e' tagliato fuori dal contesto sociale, la realizzazione di un libro non e' una cosa impossibile. Per arrivarci e perchè il "prodotto" abbia un senso, tuttavia, e' necessario essere sollecitati da una forte spinta culturale e naturalmente possedere il coraggio dell'incoscienza; una qualità , questa, lasciatemelo dire, che a noi riminesi non manca.
Ricordo che, quando nel 1985 donai Rimini in tram, il mio primo "incosciente" volume, a Franco Montebelli, l'allora presidente della Cassa di Risparmio lo sfogliò in fretta e furia sotto i miei occhi e alla fine dell'operazione, lapidario, sentenziò: Tu, Masini, sei il tipico riminese, che quando non ha un cacchio da fare si mette a scrivere un libro. Da quel giorno tutte le volte che mi capita di leggere o di recensire l'opera prima di un autore locale non posso fare a meno di rammentare quell'incontro, anche perchè nel paradosso di Montebelli un fondo di verità . Il libro, del resto, e' una tentazione che si insinua dentro e che non lascia scampo; e l'unico modo per liberarsi da una tentazione, diceva Oscar Wilde, e' cedervi.
E a cedervi, nel nostro caso,e' toccato ad Arnaldo Pedrazzi che, oltre ad essere un riminese doc e un affermato medico dentista, e anche uno studioso di numismatica da anni immerso nella ricerca e con una solida preparazione storica che i lettori di Ariminum hanno potuto saggiare più volte nell'arco di questi ultimi dieci anni. In lui la spinta culturale c'è ed è autentica e trova continuo alimento nell'amore che nutre per la sua città . Una città , è bene sottolinearlo, talmente creativa ed egocentrica che non si accontenta di vivere nel presente, ma che procede con un piede nel passato e un altro nel futuro. Una città che si rigenera strada facendo, consolidando sul suo percorso tante storie, l'una diversa dall'altra, ma che insieme vanno a comporre un unico, intrigante romanzo capace di suscitare in chi lo legge o, meglio ancora, in chi lo interpreta riconoscendosi parte del copione, un senso di orgogliosa fierezza.
E questa Rimini dalle cento vite, che come dice Sergio Zavoli – storia delle sue sopravvivenze , che ha catturato Arnaldo Pedrazzi e lo ha indotto a realizzare La Rimini che non c'è più un originale viaggio alla scoperta di quella parte di città che si è persa negli anni e che potrebbe uscire definitivamente dalla memoria o ammuffire nelle scartoffie della storia se non ci fossero studiosi come lui, portati a focalizzare l'attenzione oltre che sulle grandi vicende sociali e politiche anche sulle piccole trasformazioni del patrimonio urbano e artistico e sulle circostanze che le hanno determinate.
Dopo avere esplorato la storia romana e malatestiana attraverso le monete e le medaglie, Pedrazzi ha spostato il tiro della sua indagine, mantenendone per il rigore metodologico. Come un segugio segue le "piste" partendo da un "indizio": una pianta topografica, una foto, una testimonianza. E da qui inizia la sua minuziosa scorribanda tra i testi e gli archivi documentari. Una volta messi a fuoco i singoli aspetti della vicenda, la ricostruisce facendo parlare le fonti scritte. Acuto e distaccato cronista, non interviene con giudizi di merito, ma lascia che siano gli altri, i lettori, a trarre le conclusioni.
Un esordio storiografico interessante e prezioso, dunque, questo di Pedrazzi, che probabilmente gli fornirà un'ulteriore dose di "coraggio" per aprire altri varchi di ricerca sulla città.
L'introduzione di Arnaldo Pedrazzi
Dal novembre 1943 al settembre 1944, 396 bombardamenti aerei, navali e terrestri si abbatterono su Rimini; tutto ha avuto inizio il prime novembre alle 11,45 quando 28 aerei delle Forze alleate, partiti dagli aeroporti della Tunisia, colpirono all'improvviso la città ; c'ero anch'io e ho un chiaro ricordo di quell'evento, per il quale più che paura provai grande stupore e disorientamento dovuto certamente alla novitè perchè in quel momento ero troppo piccolo per rendermi conto della sua gravita, un evento che segnò l'inizio della mia avventura di sfollato in un primo tempo nella vicina campagna di S. Aquilina e poi nella repubblica di San Marino.
Spesso la nostra città era indicata nei piani di volo dei piloti dei "Liberator" e delle "fortezze volanti" obiettivo secondario: solo in caso che per ragioni varie, tipo maltempo, l'obiettivo stabilito non potesse essere raggiunto, i carichi di bombe venivano sganciati su Rimini. Da colpire era sempre lo scalo ferroviario, ma la sua posizione al centro della città determina come conseguenza la completa distruzione di Rimini a causa dell'assoluta imprecisione nel tiro delle bombe: non erano ancora state inventate le "operazioni chirurgiche" delle bombe intelligenti. Il Commissario straordinario al Comune di Rimini, Ugo Ughi, descrisse nei verbali indirizzati al capo della Provincia le conseguenze di 95 bombardamenti aerei che causarono la morte di 607 civili e interessarono 9431 edifici, di cui oltre la meta colpiti in modo completo o irrecuperabile, pari a un coefficiente di distruzione dell'82 %, il più alto fra tutte le città italiane con più di 50.000 abitanti.
Questa la sconvolgente descrizione che fece Luigi Silvestrini di quei momento tragici: In città intere contrade devastate, abitazioni, edifici pubblici, chiese, monumenti deturpati, sconvolti, crollati, e lungo le strade ammassi enormi di macerie e rottami di ogni genere, alberi divelti. Alla marina, fatica e orgoglio di varie generazioni, ville abbattute, alberghi rasi al suolo, i magnifici lungomari distrutti, devastati i parchi e i giardini, rotti gli argini del porto, interrotti i ponti; ed una spiaggia squallida, ricoperta di sterpi e alghe ed ogni genere di detriti: solo qualche nostalgico agitarsi in mezzo a quelle rovine, fra lo sconforto e la speranza e un silenzio opprimente ed impressionante.
Dopo la ricostruzione della città al cittadino distratto dalla frenetica vita moderna sarà sembrato che ogni cosa fosse tornata al suo porto, ma purtroppo non è stato cosi perchè con la scomparsa di alcuni antichi monumenti era svanita inesorabilmente la testimonianza fisica necessaria alla ininterrotta tradizione degli avvenimenti che assieme ai mestieri, ai costumi e ai dialetti, anch'essi andati perduti, hanno fatto la storia della nostra città . Per tentare di ovviare, anche se in piccola parte, a questa situazione, ho pensato di raccontare la vita di alcuni di quegli edifici, depositari di una Rimini che non c' più, nella speranza che, se non nella memoria almeno nell'immaginazione, possano servire a ricucire il tessuto storico della nostra città , lacerato cosè tragicamente dalle bombe dell'ultima guerra.
Questa pubblicazione è composta da 16 brevi monografie correlate da 73 fotografie scelte fra quelle dell'archivio Severi, del libro Rimini città come storia, dell'archivio della Biblioteca Gambalunga e altre personali o incontrate durante le mie ricerche e prese a seconda della necessità di completare la documentazione di quanto ho cercato di proporre.
Desidero ringraziare la signora Marina Severi per avermi gentilmente messo a disposizione l'archivio personale delle fotografie scattate dal padre Luigi durante i bombardamenti.
Un particolare ringraziamento anche all'editore che, voglio fortemente credere non solo per amicizia, ha accettato di pubblicare questa mia piccola "fatica".