Giovedì 12 Gennaio 2017 – I nuovi soci si presentano: Barbara Bonfiglioli

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Serata conviviale al Grand Hotel. Il relatore è Barbara Bonfiglioli, nuovo socio del nostro Club. Barbara è Sales Manager di Fuzzi S.p.A. per i mercati nordamericano e asiatico e parla correntemente cinque lingue. Apre alla platea rotariana una finestra sul mondo della moda proponendo non solo una panoramica sugli aspetti creativi delle aziende ma anche sugli altrettanto importanti aspetti manageriali ed amministrativi. La “Moda”, dal latino modus, usanza oppure abitudine, è per il nostro paese un fondamentale fattore economico. In Italia produce 52 miliardi di euro di cui 47 di export. E’ il terzo settore manifatturiero del paese. Ma rappresenta anche un importante fattore sociale e di mediazione culturale. E’ una modalità per affermare il proprio “io” ovvero per distinguersi, oppure per sentirsi bene in un gruppo. La moda è un linguaggio di nozioni cifrate che poi si manifestano negli abiti. Umberto Eco teorizzava il linguaggio dei vestiti. L’abito parla e comunica a chi incontriamo. Manifesta a volte anche il nostro stato d’animo. La scelta di una cravatta al mattino scaturisce dall’umore del momento. In passato l’abbigliamento distingueva le varie classi sociali. L’evoluzione della moda femminile accompagna l’acquisita indipendenza della donna. All’inizio costretta in bustini e corpetti, ora libera, con vestiti anche estremamente corti. Una volta l’abito doveva cadere bene e durare una vita. Oggi bisogna cambiare continuamente ed essere sempre diversi. Un po’ a scapito della qualità, ma prezzi molto bassi. Nascono catene di franchising che rendono la moda disponibile per tutti ed a prezzi accessibili e quindi acquistiamo cinque abiti al prezzo di uno. In Italia riveste particolare importanza il rispetto delle condizioni umane dei lavoratori. Nel mondo non è purtroppo sempre così. Al prodotto non è più sufficiente dare qualità ma oggi emerge prepotente, non solo presso i grandi gruppi, ma anche presso quelli minori, l’esigenza di difendere valori etici aggiuntivi che si riflettono nel rispetto delle persone e dei loro diritti, dell’ambiente e degli animali.
Tra la fine degli anni ‘80 e i primi ‘90 nascono e si sviluppano i negozi monomarca. Oggi dall’ omologazione dei negozi monomarca, uguali in tutto il mondo, ci si dirige verso una forma di differenziazione che rispetti cultura, tradizioni, religione e morfologia delle persone, diverse per ogni paese. Gonne lunghe e vestiti coprenti in Arabia, particolare attenzione ad evitare colori che possano incarnare aspetti politici nelle varie parti del mondo. La moda recepisce la cultura di un popolo.
Barbara, che ha iniziato la propria carriera a Bologna presso “Les Copains”, storico marchio made in Italy, proseguendo la propria attività presso innumerevoli aziende di moda quali Versace, Gigli, Gaultier, ha una profonda esperienza nel proprio settore. Illustra come la progettazione di una collezione deve partire per ogni paese dalla sua ricchezza, dall’analisi delle possibilità di sviluppo, dall’identificazione dei competitors locali. E’ dunque fondamentale l’analisi di mercato per poi stilare il business plane al fine di riuscire ad entrare in un mercato nuovo in punta di piedi ma con presenza costante e solida. Tutto questo è complicato dal fatto che la moda cambia velocemente. O siamo sempre alla moda o siamo fuori moda, non c’è una via di mezzo. Pensiamo alla ossessiva ostentazione del “logo” in certi momenti, ovvero ad una sorta di minimalismo caratterizzato da linee pulite in altri momenti. Cicli e ricicli della moda ripropongono modelli di anni passati. La donna in carriera negli anni ‘80 si “strizzava” in tailleur strettissimi, ma poi aveva enormi spalline per competere col potere maschile. La moda deve anche fare sognare. L’uomo è comunque più cauto della donna e legge in anticipo la necessità di contenere i costi prima di una crisi. Le donne hanno sempre armadi strapieni. Dopo l’11 settembre 2001 il mercato americano, per quanto concerne le modalità di acquisto, ha invertito la rotta verso acquisti di abiti più duraturi piuttosto che verso modelli “del momento”. Non più il cappotto rosa ma il cappotto cammello che durerà una vita.
Rimini è territorio di moda. Anche qui molte aziende hanno avuto contaminazioni con il cinema e per così dire collaborazioni con registi tra i quali impossibile non citare Federico Fellini e la sua Dolce Vita. In Romagna vi sono oltre 7000 addetti nel settore dell’abbigliamento. Nella nostra zona anche il settore calzaturiero è importantissimo. Rimini ha circa 2600 imprese con 2800 addetti solo nell’abbigliamento e 1700 nel settore calzaturiero. Le microimprese sono fondamentali in quanto consentono di non delocalizzare la produzione creando una filiera produttiva che è tutta made in Italy.
Importantissimo il campus universitario della moda di Rimini. Vi è uno stretto rapporto tra università ed imprese locali di moda. Un tavolo della moda è stato recentemente attivato per fare dialogare studenti ed aziende. Vi è il corso di moda triennale e la laurea magistrale biennale completamente in lingua inglese che attira numerosissimi studenti anche dall’estero.
Le lezioni approfondiscono anche nozioni di microeconomia, marketing e finanza e costruiscono ragazzi molto interessanti e completi in quanto non tutti diventeranno stilisti “creativi” ma molti di loro rivestiranno anche il ruolo di altre figure fondamentali per le aziende come direttori amministrativi e commerciali.