Giovedì 9 Marzo 2017 – Matteo Ravaioli: i trapianti oggi in Italia e a Bologna.

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Una sorprendente e vivace serata conviviale al Grand Hotel grazie alla brillante relazione del dott. Matteo Ravaioli, capace di coinvolgere la platea rotariana con grande verve, un pizzico di ironia e tantissima passione per il proprio lavoro di chirurgo trapiantologo su un tema difficile quale quello dei trapianti di fegato e di rene. Matteo è il figlio del nostro caro Presidente Alberto Ravaioli. Credo che non pochi tra i presenti alla serata abbiano pensato a quell’antico detto del “buon sangue” secondo cui alcune qualità dei genitori vengono inevitabilmente trasmesse ad i propri figli. Il dott. Matteo Ravaioli, Laureato a Bologna nel 1999 con lode in medicina e chirurgia e specializzato con lode nel 2005 in Chirurgia Generale presso l’Università di Bologna, ha trascorso durante il periodo degli studi in medicina un master presso l’Università Imperial College di Londra (Gran Bretagna) e presso l’Università McMaster di Hamilton (Canada). Ha frequentato come “Visiting Faculty” il Centro Trapianti di Fegato dell’Ospedale King’s College di Londra, diretto dal Prof. N. Heaton, la U.O. di Chirurgia Epato-biliare dell’Ospedale Beaujon di Parigi, diretto dal Prof. J. Belghiti e la U.O. di Chirurgia Epato-biliare dell’Ospedale Asan Medical Center a Seoul, diretto dal Prof. S.G. Lee. Già dirigente medico presso l’Ospedale Infermi di Rimini, dal 2010 lavora con un contratto libero professionale presso il Policlinico S. Orsola – Malpighi di Bologna occupandosi inizialmente dei pazienti affetti da patologie epato-biliari, delle emergenze chirurgiche e dei trapianti di fegato e, da alcuni anni, anche dei trapianti di rene. Attualmente è responsabile della fase chirurgica di trapianto programma az trapianto rene nell’equipe diretta dal Prof. Antonio Daniele Pinna, medico chirurgo trapiantologo di fama mondiale, oggi direttore dell’unità operativa trapianti di fegato e multiorgano del policlinico. Ha partecipato come primo operatore od assistente a migliaia di interventi chirurgici, tra i quali i più frequenti sono i trapianti di fegato, di rene, i prelievi multi-organo e le resezioni epatiche. Ha pubblicato una mole notevole di lavori scientifici su riviste internazionali, ha condotto importanti ricerche pubblicate su riviste internazionali in relazione alla propria attività di ricerca sulla biologia dei tumori del fegato ed il trapianto di fegato. Il padiglione 25 del Sant’Orsola di Bologna è una macchina che non si ferma mai perché un organo può rendersi disponibile in qualunque momento. E quando arriva un organo bisogna essere pronti a partire per il prelievo 24 ore su 24, non importa se è notte o giorno, se fuori impazza la tempesta o se si ha un impegno fissato da mesi. Chi decide di fare questo lavoro non compie solo una scelta professionale, ma una scelta di vita che lascia ben poco tempo per sé, per il privato, la famiglia e tutto il resto. Gli interventi di trapianto sono lunghi, complessi e sfibranti e comportano la responsabilità morale di portare a buon fine un atto raro e prezioso come quello della donazione. Ravaioli, in perfetto stile anglosassone, accompagna la propria relazione con accattivanti immagini esenti da tecnicismi e tratte dalla vita quotidiana con bizzarri e geniali accostamenti al mondo dello sport e dello spettacolo. Esegue il doppio trapianto, sia di fegato che di rene, cosa non comune per medici trapiantologi e trasferisce la propria esperienza, acquisita sul fegato nei trapianti di rene e viceversa. Ricorda come il primo trapianto di fegato fu fatto nel 1963 in America dal dott. Thomas Starzl, purtroppo scomparso solo qualche giorno fa. C’è grande carenza di organi e per questo da un lato si cerca di privilegiare i pazienti che ne hanno maggiormente bisogno in quanto a rischio di vita, dall’altro è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento delle donazioni. Abbiamo ancora il 20% di opposizione alla donazione, in assenza della quale vi sarebbe la possibilità di salvare tutti coloro che sono in lista di attesa e muoiono. Oppure permetterebbe di poter rinunciare ai trapianti da vivente. La carenza di organi spinge la ricerca medica verso soluzioni tese al massimo sfruttamento del “materiale” disponibile. Per questo motivo oggi si utilizzano anche organi “non ottimali” con tecniche che tendono ad ottimizzarli. Quando ad esempio i reni da cadavere non sono ottimali per svariati motivi, non ultimo quello della scarsa tempestività delle operazioni di espianto, ovvero dell’età avanzata del donatore ad esempio si opera trapiantano due reni sullo stesso paziente. Il risultato normalmente corrisponde al trapianto di singolo di rene da donatore giovane. Analogamente, sfruttando la capacità di svilupparsi di quel meraviglioso organo che è il fegato, se vi è la disponibilità di una donazione, il fegato viene diviso in due in modo da poter essere trapiantato su due differenti pazienti. Risulta così superata la precedente tecnica di dividere il fegato in una porzione maggiore riservata agli adulti ed in una minore da trapiantarsi su pazienti bambini. Il trapianto di rene allunga la vita rispetto a chi resta in dialisi. Particolarmente delicata la questione delle donazioni da donatori viventi. In America il 50% dei trapianti del rene sono da vivente. I donatori viventi donano fegato e rene per permettere a un altea persona di vivere. Il rischio per il donatore comunque sussiste ed è chiaro che se nel trapianto da vivente qualcosa va storto ti crolla il mondo addosso. E’ anche una questione culturale. Il medico che si prodiga in sala operatoria per ore, fino all’esaurimento delle energie, lotta per strappare una vita alla morte ed è comunque un eroe a prescindere dal risultato che in taluni casi può non risultare positivo. La donazione di fegato e più rischiosa di quella di rene. Il donatore può anche morire ma il rischio è comunque paragonabile statisticamente a quello di morire per incidente d’auto.