Il 5 agosto 2021 i soci del Rotary Club Rimini si sono ritrovati al Club Nautico Rimini per approfondire grazie al coinvolgimento dell’architetto Gianmaria Mondaini dell’Associazione “Vele al Terzo Rimini” la storia delle imbarcazioni a vela tradizionali del nostro territorio.
«Rimini ha una importante storia marinara, a cui però la città non sempre ha dedicato la giusta attenzione» ha evidenziato il presidente del Rotary Club Rimini, il contrammiraglio Maurizio Bonora, «e la serata dedicata alla “Vela al Terzo” così come l’uscita in mare con queste storiche imbarcazioni romagnole ha lo scopo di informarci e sensibilizzarci sulla necessità di valorizzare questa parte della storia di Rimini».
Argomento importante quindi per la Città di Rimini, e di cui forse è possibile parlare proprio grazie all’Associazione Vele al Terzo Rimini, nata dall’idea di un gruppo di appassionati nel 2003, con il sostegno dell’Ammiraglio Aleardo Maria Cingolani, che è da poco mancato e che ne è stato anche presidente. Associazione che sopravvive soprattutto con i contributi 5 per mille e ha lo scopo di conservare, valorizzare e divulgare le tradizioni della Antica Marineria Romagnola tramite il recupero della memoria storica e delle tradizioni, la ricerca, il restauro e l’utilizzo delle imbarcazioni tradizionali dell’Adriatico, la conoscenza e divulgazione della “cultura dell’andar per mare” e dell’ambiente marino.
Si tratta di imbarcazioni «della marineria Adriatica, in particolare per noi la cosiddetta marineria romagnola, che si usavano per la pesca e anche per il trasporto» ha raccontato l’arch. Mondaini, «la vela è caratterizzata dalla forma trapezoidale con il lato più corto rivolto a prua chiamato “colonna” o “da terra” e quello opposto “ventàme” o “di fuori”.» La denominazione “al terzo” è abbastanza recente, e si riferisce al punto in cui l’antenna è fissata all’albero: a un terzo circa della sua lunghezza a partire dall’estremità prodiera.
Mondaini ha poi evidenziato come di fatto queste barche si dividessero in due tipologie, i trabaccoli, di dimensione più grande per il trasporto o la pesca d’altura, con dimensione che potevano superare i 20 metri, e quelle più piccole, di circa 12 metri, destinate alla pesca, e chiamate in romagnolo «parchetto».
Barche che per la loro struttura e per la conformazione delle vele ben si prestavano a un lavoro pesante, tipo il dover trainare le reti da pesca o portare carichi. Per questo motivo ebbero un grande successo nell’alto adriatico, portando il porto, i cantieri navali, e la scuola di Marineria di Rimini ad essere tra i più importanti della penisola. Tanti cantieri che oggi sono purtroppo scomparsi.
Anche la disposizione delle vele cambiava in funzione del tipo di attività da svolgere: «poichè i calamenti delle reti venivano fatti sempre sulla dritta, le barche da pesca avevano le vele a sinistra, mentre invece il trabaccolo da trasporto avevano la vela di maestra, quella di poppa, a sinistra, e quella di trinchetti e quella davanti sulla destra, perchè navigavano spesso con una navigatura a farfalla, quindi di poppa».
Vele che non avevano solo un ruolo di forza motrice, perchè «venivano colorate con ossidi per proteggerle e migliorare la loro tenuta nel tempo, essendo di cotone, riprendendo le araldiche delle famiglie marinare perchè era proprio grazie a questi simboli che si poteva riconoscere una imbarcazione, e questo riconoscimento avveniva specialmente quando le barche arrivavano da lontano, in quanto sulla palata del porto quando una persona avvistava l’arrivo da lontano e riconosceva la barca questi portava la bella notizia a casa delle famiglie coinvolte, ricevendo così un premio.»
“Quanto raccontato dal relatore di questa sera evidenzia quanto sia importante conservare la tradizione marinaresca di Rimini» ha evidenziato Carlo Carli, socio del Rotary Club Rimini, «occorre ricordare che vi è stato un tempo in cui Rimini era per importanza il secondo porto dell’Adriatico, proprio per la tradizione delle nostre barche sia per la pesca che per il trasporto, un ruolo che andrebbe valorizzato, e che ci fa capire che la nostra città non sia solo «turismo» ma anche «marineria” e amore per il mare».