ARIMINUM 168:  Anno XXIX – N. 3 – Maggio – Giugno 2022

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Copertina Ariminum 2022 03

Annunciazione, di Giulio Liverani

Sommario

  • Il piano De Carlo, di Andrea Serrau e Andrea Montemaggi
  • Giovanni Battista Draghi di Fabio Pesaresi
  • Domenico Baccarini di Franco Pozzi
  • Giulio Liverani di Alessandro Giovanardi
  • Il minigolf a Rimini di Nicola Gambetti
  • Romeo Pazzini di Lisetta Bernardi
  • Inondazione del 1910 di Alessandro Catrani
  • Pino Bugli anni ’60 di Sabrina Foschini
  • Il mercato dei portici di piazza G.Cesare di Manlio Masini
  • I SATiBì Singers di Guido Zangheri
  • Recensioni di Anna Maria Cucci
  • Il Premio Minguzzi di Andrea Montemaggi
  • Canzoniere: Romeo Casalini di Sabrina Foschini
  • Visioni – Roba, di Montemaggi, Ballestracci

L’Editoriale di Alessandro Giovanardi

Parlami forbito Mariù

Mariù, una fanciulla lieve e gentile come il suo nome, figlia di una coppia di amici, consulta spesso con la madre un prezioso volumetto che anch’io ebbi in dono: Il libro delle parole altrimenti smarrite di Sabrina D’Alessandro (Rizzoli, 2011).

Ogni lemma, inusitato e godibile, vi è accompagnato da una breve spiegazione o citazione che lo contestualizza.

Da qui apprendo che imparavolato, significa ciarliero e verboso. In tutta onestà lo applico a me stesso come sbagliòne (per i refusi che contraddistinguono i miei scritti, consegnati spesso in ritardo e in fretta). E così sciolùzzolo, cioè saccentuzzo: lo palesa quanto segue.

Difatti, Mariù e le sue letture mi ispirano una parola nobile (che è anche una virtù teologale), benchè di uso comune: speranza.

Sì, la speranza che le parole strane e ricercate, custodite nella nostra storia letteraria e piene di sapore e ingegno, possano arginare, almeno nello spirito acuto di una bambina, lo stupidario del linguaggio politicamente corretto a cui ci costringono persino bandi, concorsi, gare.

E’ il linguaggio inclusivo, un aggettivo tanto ben intenzionato quanto noièvole che ancora per poco non si azzarda a obbligarci ad asterischi e schwa per consolare i poveri di spirito (di stile, di eleganza, di cultura vera), colmi di sensi di colpa politica e sociale ed èsprit de revanche. Come se la giustizia potesse passare attraverso il programmato scempio della lingua e della bellezza.

Che gioia queste parole difficili e scorrette, taglienti e irriguardose che con sprezzatura ci permettono di guardare al mondo e, soprattutto a noi stessi. Parole come antidoti alla neolingua stoltificante, fatta di aggettivi e sostantivi abusati (inclusivo, appunto, col suo opposto esclusivo, peggio ancora resiliente o, rabbrividisco, bio, green, e ancora l’usurato equo-solidale), divenuti così burocratici e ministeriali, utili tutt’al più  a puntellare il vuoto intellettuale di carrieristi della politica o a celare le intenzioni di comitati d’affari “ecologici”, da possedere lo stesso senso di be bop a lula o obladì  obladà.

Ma molto meno divertenti. Alessandro Giovanardi