Serata con protagonista il Parmigiano Reggiano, all’insegna del “saper ben fare italiano” che oggi vive un momento particolarmente positivo visto che il mondo chiama il “made in Italy” con particolare riferimento al “food”.
Graditissimo ospite e relatore il Dott. Guglielmo Garagnani, Presidente di Confagricoltura Bologna, 45 enne imprenditore agricolo e produttore di latte per il Parmigiano Reggiano presso l’azienda di famiglia “ca’ selvatica”, oltre che socio di un caseificio a pochi chilometri dal capoluogo emiliano, in Comune di Valsamoggia.
Guglielmo Garagnani, nasce a Bologna il 17 settembre 1971, in una famiglia bolognese fortemente legata da secoli all’agricoltura tipica del territorio di confine tra le province di bologna e Modena dalle montagne di Zocca alle valli di Crevalcore; subisce forti influenze anche dalla famiglia materna, intrisa invece di passione per la scienza e la medicina, la cui storia si sviluppa nella mitteleuropa tra Fiume e le capitali dell’Austria-Ungheria. Dopo aver terminato gli studi laureandosi alla Facoltà di agraria di Bologna nel 1996 con il Prof. Sansavini, inizia subito ad occuparsi del settore allevamento bovini da latte per il parmigiano reggiano nell’azienda di famiglia.
Le origini del Parmigiano Reggiano risalgono al Medioevo e vengono generalmente collocate attorno al XII secolo. Presso i monasteri benedettini e cistercensi di Parma di Reggio Emilia comparvero i primi caselli: grazie all’abbondanza di corsi d’acqua e di ampi pascoli, ben presto in questa zona circoscritta dell’Emilia, si diffuse la produzione di un formaggio a pasta dura, ottenuto attraverso la lavorazione del latte in ampie caldaie. Il Parmigiano Reggiano si fa oggi con gli stessi ingredienti di nove secoli fa, negli stessi luoghi, con gli stessi sapienti gesti rituali. I maestri casari, oggi come una volta, continuano a produrre questo formaggio con il latte pregiato della zona d’origine, caglio naturale, sale e nessun additivo, in modo artigianale e con la stessa passione e lealtà. La storia recente del Parmigiano Reggiano è quella dei circa 350 piccoli caseifici artigianali della zona tipica, rappresentanti di circa 3500 agricoltori-produttori di latte che hanno ottenuto dalla legge il riconoscimento della loro determinazione a conservare inalterato il metodo di lavorazione e l’altissimo livello qualitativo del formaggio. E’ la storia di come la garanzia di genuinità del Parmigiano Reggiano sia oggi assoluta in forza di norme precise, applicate con rigida autodisciplina di conformità e con rigoroso controllo. Il Parmigiano Reggiano è un formaggio salvaguardato da più di settant’anni dal Consorzio di tutela e amato da nove secoli per il suo gusto sempre generoso.
Il Parmigiano Reggiano è prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno: qui si concentrano gli allevamenti in cui le bovine vengono alimentate con foraggi prodotti in quest’area. L’alimentazione degli animali è curata nel rispetto di un rigido regolamento che impedisce l’uso di foraggi insilati e alimenti fermentati.
Il Parmigiano Reggiano si ottiene con il latte scremato della mungitura serale aggiunto al latte intero della mungitura del mattino. Versato nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata, il latte viene arricchito dal caglio naturale e dal siero innesto: in questo modo, avviene la coagulazione. La cagliata viene frammentata dal maestro casaro in minuscoli granuli grazie ad un antico attrezzo detto spino. Dopo questa operazione inizia una lenta cottura che raggiunge i 55 °C, dopo di che i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia formando un’unica massa, che verrà estratta dal casaro e lavorata per ottenere le forme di formaggio. Per ogni forma sono necessari circa 550 litri di latte.
Ad ogni forma viene assegnata una placca di caseina con un numero unico e progressivo: è la carta d’identità del Parmigiano Reggiano DOP. Con una speciale fascia marchiante vengono incisi sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza. Le forme dopo pochi giorni vengono immerse in una soluzione satura di acqua e sale: si tratta di una salatura per osmosi. Con quest’ultimo passaggio si conclude il ciclo di produzione del Parmigiano Reggiano e inizia quello della stagionatura.
Negli anni ’30 una Lombardia particolarmente operosa decide di modificare le caratteristiche di produzione del Parmigiano per velocizzarle, industrializzando i processi produttivi facendo nascere il Grana Padano. Oltre il Po il “Grana” con la modernizzazione, la pastorizzazione i conservanti ecc. A Sud del Po, il “Reggiano”, con latte crudo, non pastorizzato e senza conservanti. Grazie al Parmigiano Reggiano sono state salvate alcune razze animali dall’estinzione come la famosa vacca “Rossa Reggiana”. Ne erano sopravvissute solo circa 200 ed oggi, grazie alla particolare qualità del latte che producono, impiegato appunto nei caseifici del “Reggiano”, sono stimate in circa 10.000 capi.
Una nota finale sulla spaventosa emulazione del nostro prodotto, che consente business clamorosi in tutto il mondo. L’Emilia romagna è la regione d’Europa con maggiori prodotti a marchio igp e dop: se ne contano 48. In Europa la legislazione consente un discreto livello di protezione dall’emulazione di questi prodotti. Nel mondo ciò non accade e fiorisce un floridissimo mercato di prodotti di ben diversa qualità che ne sfruttano la celebrità.